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Devozioni & travestimenti spirituali nelle laudi del Rinascimento italiano

 

La lauda, fin dalle sue origini medievali, era una delle più tipiche espressioni della spiritualità in musica. Più in particolare,

legata  al  movimento  delle  confraternite,  era il veicolo preferenziale per la manifestazione della religiosità popolare di qualsiasi ceto. Già dal XV secolo le forme della lauda si caratterizzarono per essere dei “travestimenti spirituali” di brani profani secondo la tecnica del contrafactum, vale a dire la sostituzione del testo originale di unamelodia molto conosciuta con uno di carattere devozionale. In questa prospettiva l’elemento unificatore del genere era la funzione edificante del testo più che la forma musicale specifica: ci rimangono laude costruite su madrigali, mottetti, frottole e strambotti di autori cortesi come Tromboncino o Cara, e altre che erano di matrice più bassa, villanelle o canti carnascialeschi, destinate a funzioni che vedevano una partecipazione più popolare con melodie e testi più elementari. Spesso in questi ultimi casi i temi ispirati e commoventi compensavano lo scarso valore letterario delle liriche. Un altro aspetto espressivo fondamentale della lauda rinascimentale, mutuata dalle origini monodiche medievali, lo si trova, pur nel solido impianto polifonico, nella predominanza cantabile della voce superiore. Questa caratteristica, propria del repertorio profano su cui si innesta, ne rende particolarmente efficace l’esecuzione con accompagnamento strumentale che consente la massima intelligibilità delle liriche e la conseguente diffusione della pia materia del testo. Manifestazioni di una devozione diffusa, le laudi, pur dedicate a tutte le figure della pietà religiosa, erano particolarmente orientate alla celebrazione di coloro che, nella cerchia divina, partecipavano della sostanza umana e delle umane istanze si erano fatti ambasciatori presso Dio e mediatori della Sua misericordia: Cristo, la Vergine e i Santi. Il successo del genere, dovuto anche all’uso nei testi della lingua parlata che, a differenza del canonico latino, rendeva accessibili a tutti i contenuti della lauda, continuò fino al XVIII secolo, supportato dall’impiego educativo che, nella teoria dell’ “Apprendere soave”, ne fece la Chiesa post tridentina per l’insegnamento della dottrina secondo le linee formative della Controriforma. A tale ufficio molto si deve allo sviluppo del movimento oratoriale di san Filippo Neri, che trovò entusiasti collaboratori i più valenti musicisti della scuola romana a cavallo di XVI e XVII secolo. La formula era quella di una melodia gradevole ed orecchiabile che, armonizzata in modo semplice e piacevole, consentisse all’assemblea dei fedeli (talvolta costituita anche da ragazzi e bambini come nel caso degli oratori Filippini) non solo la fruizione dell’insegnamento edificante del testo, ma la partecipazione all’esecuzione stessa della 

lauda, modalità che la rendeva supporto prezioso ed adeguato per fissare il testo sacro nel cuore dei credenti. L’accompagnamento strumentale del  canto,  oltre  alla  specifica  prassi  esecutiva  delle  forme  musicali  adoperate,  è  documentato  anche  dai  registri  di pagamento delle confraternite, come quelli delle Grandi Scuole veneziane, che assoldavano suonatori di liuto, viola, arpa, tromboni, etc…, da utilizzare accanto ai cantori durante le celebrazioni liturgiche e paraliturgiche.

 

ContrArco Consort

 

canto, viola da braccio rinascimentale, viola da gamba tenore, viola da gamba basso